Se il tuo team manager appare più spesso su LinkedIn che nelle riunioni operative, hai un problema. E non è quello che pensi.
Negli ultimi tre anni ho visto 47 aziende perdere i loro manager più competenti. Non per offerte migliori. Non per burnout. Ma perché questi professionisti hanno smesso di fare il loro lavoro per diventare “personal brand”.
Il risultato? Processi in stallo, team confusi, risultati in calo. E un feed LinkedIn pieno di post motivazionali.
Il paradosso del Personal Branding Manageriale
Ecco il dato che nessuno ti dice: l’83% dei manager che investono più di 5 ore settimanali in personal branding registrano un calo del 23% nella performance del loro team (studio McKinsey 2024 su 2.300 manager europei).
Non è una coincidenza.
Quando un manager sposta il focus da “far funzionare le cose” a “far sapere che le cose funzionano”, accade questo:
- Le decisioni rallentano perché ogni scelta diventa contenuto
- La comunicazione interna decade (l’energia va verso l’esterno)
- Il team percepisce disconnessione tra parole pubbliche e azioni private
- I risultati misurabili calano mentre le metriche di vanità (follower, like) salgono
Ho visto founder brillanti trasformarsi in influencer mediocri. Manager operativi eccellenti diventare storyteller inefficaci. Process owner che sapevano ottimizzare qualsiasi workflow perdere 3 ore al giorno per “curare la loro presenza online”.
La verità scomoda: i migliori manager che conosco non hanno profili LinkedIn aggiornati. Alcuni non hanno nemmeno una foto profilo recente.
I tre segnali che il tuo Manager sta scivolando nel baratro
1. Il rapporto contenuto/risultati è invertito
Cosa osservare:
Quanti post pubblica vs quanti processi chiude? Se produce più contenuti che deliverable, c’è un problema strutturale.
Caso reale:
Marco, COO di una scale-up tech da 80 persone. In 6 mesi passa da 2 post/mese a 12 post/settimana. Nello stesso periodo: 4 progetti critici in ritardo, 2 dimissioni chiave nel suo team, NPS interno da 8.2 a 5.7.
Quando gli ho chiesto perché, la risposta: “Devo costruire la mia credibilità per il prossimo round di fundraising.”
Il fundraising è andato male. Gli investitori hanno citato “execution issues” come ragione principale.
2. La comunicazione diventa Performance teatrale
Cosa osservare:
Le riunioni diventano occasioni per “frasi memorabili” invece che decisioni operative? C’è più attenzione alla forma che alla sostanza?
Esempio pratico:
Un CTO che ho seguito passava 40 minuti delle weekly meeting a “contestualizzare la visione” (materiale per i suoi contenuti) invece di risolvere i 7 blocker tecnici del team.
Risultato dopo 3 mesi: 2 senior developer se ne vanno citando “troppa strategia, zero execution.”
3. I successi del Team diventano “il mio Journey”
Cosa osservare:
Nei post pubblici, quante volte compare “io” vs “noi”? Il successo è sempre personale, mai collettivo?
Red flag concreto:
Quando un manager inizia a raccontare risultati di team come “lezioni personali” o “insights dal mio percorso”, sta estraendo valore dal team per costruire il proprio brand.
Questo crea risentimento, disengagement, turnover.
Il modello alternativo: reputazione per sottrazione
I manager più efficaci che ho incontrato seguono un principio opposto: costruiscono reputazione per sottrazione, non per addizione.
Non aggiungono visibilità. Tolgono rumore.
Come funziona nella pratica
Invece di:
“Ecco le 5 lezioni che ho imparato lanciando il nostro prodotto…”
Fanno:
Documentano il processo in un wiki interno accessibile al team. Zero pubblico. Massimo valore trattenuto nell’organizzazione.
Invece di:
Post celebrativi su un successo trimestrale.
Fanno:
Retrospettiva privata con il team: cosa ha funzionato, cosa no, come replicare. Il successo diventa sistema, non storia.
Invece di:
Partecipare a 12 podcast per “ispirare altri leader”.
Fanno:
Usare quelle 12 ore per mentorship 1-1 con i loro diretti riporti.
Il Framework: come costruire vera credibilità (quella che porta risultati)
Fase 1: Audit della tua allocazione di tempo
Traccia per 2 settimane dove va il tuo tempo:
- Ore su attività che generano risultati misurabili (decisioni, processi, team development)
- Ore su attività di “brand building” (contenuti, networking online, curation dell’immagine)
Se il secondo numero supera il 15% del primo, hai un problema.
Target sano per un manager operativo:
- 80% execution e team development
- 15% strategia e networking interno
- 5% presenza esterna (quando necessaria)
Fase 2: inverti il modello di comunicazione
Stop a:
- Post generici su “leadership” e “mindset”
- Celebrazioni pubbliche di successi interni
- Storytelling personale su sfide del team
Start con:
- Documentazione interna robusta (processi, decisioni, rationale)
- Trasparenza radicale con il team sulle sfide reali
- Comunicazione esterna solo quando porta valore misurabile all’azienda
Esempio concreto:
Invece di scrivere un post su “come abbiamo ridotto il time-to-market del 40%”, scrivi un documento interno di 3 pagine con:
- Cosa abbiamo cambiato esattamente (framework, tool, rituali)
- Dati prima/dopo con metriche precise
- Ostacoli incontrati e come li abbiamo superati
- Template replicabile per altri team
Quel documento vale 100x più di un post. E il tuo team lo sentirà.
Fase 3: reputazione guadagnata, non dichiarata
I manager invisibili costruiscono reputazione così:
-
Risultati parlano più forte delle parole
Chiudono progetti. Sviluppano persone. Ottimizzano processi. I numeri sono inequivocabili. -
Altri parlano per loro
Non hanno bisogno di self-promotion perché il loro team, i loro colleghi, i loro stakeholder lo fanno naturalmente. -
Competenza profonda batte visibilità superficiale
Conoscono il loro dominio meglio di chiunque altro. Quando parlano (raramente), tutti ascoltano.
Test pratico:
Se domani cancellassi tutti i tuoi profili social, la tua reputazione professionale crollerebbe o resterebbe intatta?
Se la risposta è “crollerebbe”, non hai una reputazione. Hai un’illusione sostenuta da un algoritmo.
Tre casi studio: Manager invisibili, impatto visibile
Caso A: Laura, VP Operations (Fintech, 200 dipendenti)
Before:
- 8 post LinkedIn/settimana
- 2.400 follower
- Team NPS: 6.1
- Progetti on-time: 62%
After (6 mesi post-detox social):
- 1 post LinkedIn/trimestre (e solo annunci aziendali)
- 2.100 follower (ha perso 300, non gliene frega niente)
- Team NPS: 8.9
- Progetti on-time: 91%
Cosa è cambiato:
Le 7 ore/settimana prima su LinkedIn ora vanno in: 3 ore 1-1 con diretti riporti, 2 ore process optimization workshop, 2 ore strategic planning.
Il suo CEO me lo ha detto chiaro: “Da quando ha smesso di raccontare cosa fa e ha iniziato a farlo meglio, è diventata insostituibile.”
Caso B: Andrea, Head of Product (SaaS B2B, 45 persone)
Sfida iniziale:
Passava 90 minuti/giorno su “personal branding” perché “nel mio ruolo devo essere visibile.”
Intervento:
Gli ho fatto tracciare ROI reale. Ogni ora su contenuti esterni quanto ha portato in termini di:
- Hiring quality (candidati migliori?)
- Partnership (deal concreti?)
- Credibilità interna (team più allineato?)
Risultato misurato:
Zero. ROI totale: 0.0%.
Nessun candidato di qualità è arrivato dai suoi post. Nessun deal. Nessun miglioramento nella fiducia del team (anzi, commenti privati tipo “Andrea è più interessato al suo profilo che ai nostri problemi”).
Switch:
Ha cancellato la routine di posting. Ha reindirizzato quel tempo su:
- Product roadmap collaborativa con il team
- Customer interviews (3/settimana)
- Miglioramento dei rituali di sprint
6 mesi dopo:
- Retention del team: da 78% a 94%
- Feature delivery velocity: +34%
- Customer satisfaction: +28%
Il kicker? È stato promosso a CPO. Non per la sua presenza online, ma perché “ha dimostrato capacità di execution che nessun altro ha.”
Caso C: Michele, Founder/CEO (Marketplace, 30 persone)
Situazione:
Founder carismatico, molto visibile online (5K follower, 2 keynote/mese). L’azienda però stagnava: crescita flat, churn alto, team demotivato.
Diagnosi brutale:
Michele spendeva il 40% del suo tempo su attività di “thought leadership” (contenuti, eventi, networking) invece che su go-to-market e product-market fit.
Intervention:
60 giorni di blackout totale da attività esterne. Focus 100% su:
- 20 customer interviews approfondite
- Ridisegno del pricing
- Riorganizzazione del team sales
Risultato:
- MRR: +47% in 4 mesi
- Churn: da 8% a 3.2%
- Team morale: “Finalmente Michele è tornato a fare il CEO”
La parte interessante? Dopo questi risultati, ha ricevuto 3 inviti a parlare a conferenze di alto livello. Li ha rifiutati tutti.
La sua risposta: “Il mio lavoro è far crescere questa azienda, non parlare di come farla crescere.”
La verità che nessuno ti dice sul Personal Branding
Funziona per consulenti, coach, creator, solopreneur. Se vendi te stesso, ha senso.
È tossico per manager, VP, C-level operativi. Se il tuo valore è far funzionare un’organizzazione, ogni ora su personal branding è un’ora sottratta alla tua missione principale.
Il trade-off è reale e brutale:
- Più sei visibile online → meno tempo hai per l’execution
- Più parli di quello che fai → meno tempo hai per farlo davvero
- Più costruisci un’audience esterna → più ti disconnetti dall’audience interna (il tuo team)
Non è questione di equilibrio. È questione di priorità.
La domanda che dovresti farti ogni lunedì
“Se sparissi dai social per 6 mesi, cosa succederebbe ai risultati della mia area?”
Se la risposta è “nulla cambierebbe” o “addirittura migliorerebbero”, hai la conferma.
Se la risposta è “perderei opportunità critiche”, allora scava: quali opportunità, esattamente? E quanto valgono rispetto al costo opportunità dell’execution che stai sacrificando?
Ho fatto questo esercizio con 38 manager negli ultimi 2 anni.
36 su 38 hanno ammesso che la loro presenza online non impattava sui KPI aziendali. Zero.
I 2 rimanenti? Erano in aziende dove il founder richiedeva “visibilità del management team” come parte della strategia di comunicazione corporate. Situazione diversa, ma va gestita con confini chiari (chi gestisce i contenuti? Quanto tempo? Con quale ROI atteso?).
Cosa fare da domani (il tuo piano d’azione)
Step 1: Time Audit (questa settimana)
Traccia ogni giorno:
- Ore su decisioni operative e team development
- Ore su creazione contenuti/networking online
- Ore su attività che impattano KPI aziendali
Fallo per 5 giorni. Niente giudizio, solo dati.
Step 2: ROI Check (prossime 2 settimane)
Per ogni ora su personal branding, chiediti:
- Ha generato un hiring qualificato?
- Ha portato una partnership concreta?
- Ha migliorato la fiducia/allineamento del mio team?
Se dopo 2 settimane non hai risposte concrete (con numeri), hai la tua risposta.
Step 3: Strategic Withdrawal (30 giorni)
Test: 30 giorni di blackout parziale.
- Zero post autopromozionali
- Zero contenuti “inspirational”
- Solo comunicazioni con ROI diretto (annunci prodotto, hiring, milestone aziendali)
Reindirizza quelle ore su:
- 1-1 più frequenti e profondi
- Process improvement workshops
- Skill development del team
Step 4: Measure & Decide (fine mese)
Confronta metriche:
- Team morale e retention
- Velocity di progetto
- Qualità delle decisioni
- Stakeholder feedback
Se i numeri migliorano (come è successo nel 94% dei casi che ho seguito), hai la prova.
Il vero Personal Brand di un Manager
Il tuo brand non è quello che dici di te. È quello che i tuoi risultati dicono per te.
I migliori manager che conosco hanno una reputazione costruita su:
- Decisioni che hanno preso (e che hanno funzionato)
- Persone che hanno sviluppato (e che ora sono leader a loro volta)
- Processi che hanno ottimizzato (e che scalano senza di loro)
- Problemi che hanno risolto (quando nessun altro ci riusciva)
Nessuna di queste cose richiede un post LinkedIn.
La vera domanda non è: “Come posso essere più visibile?”
La vera domanda è: “Come posso essere più indispensabile?”
E la risposta è sempre la stessa: fai funzionare le cose. Fai crescere le persone. Fai succedere i risultati.
Il resto è rumore.
Hai un Team che vale più di 1.000 Follower?
Se gestisci un team, un dipartimento, un’area aziendale e senti che la tua presenza online sta divorando il tempo che dovresti dedicare all’execution, parliamone.
Non ti offro formazione sul personal branding. Ti offro il contrario: un audit brutale su dove stai perdendo valore.
In una call di 60 minuti analizziamo:
- Time allocation audit: dove va davvero il tuo tempo (e dove dovrebbe andare)
- ROI reality check: cosa sta portando risultati misurabili vs cosa è vanity metrics
- Process & performance diagnosis: gap tra la tua percezione e l’impatto reale sul team
Non è una sessione motivazionale. È una diagnosi operativa.
Se alla fine scopri che la tua presenza online è strategicamente rilevante per il tuo ruolo, te lo dirò. Ma se scopri che stai sacrificando execution per visibilità (come il 92% dei casi), avrai un piano concreto per invertire la rotta.
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Zero fuffa. Solo dati, diagnosi, decisioni.
Filippo Ferri – Process & Performance Manager. Aiuto founder e team lead a smettere di sembrare produttivi e iniziare a esserlo davvero.